Note Biografiche
Svolgo da 45 anni la professione di avvocato penalista, avendo ereditato lo studio legale da mio nonno materno On. Francesco Caroleo (Padre costituente) e da mio padre, già Consigliere di Banca d’Italia e legale di numerosi istituti di credito.
Appena pochi anni dopo la laurea (anni 78/79) venni nominato, dall’allora Ministro del tesoro, Commissario liquidatore di due banche popolari calabresi riuscendo nell’intento di proteggere i risparmi di migliaia di cittadini e di fare assorbire le banche dalla Popolare di Crotone oggi Bper.
Dal 1980 al 1990, giovanissimo Consigliere Comunale per la DC, rivestii la carica di assessore alla cultura del Comune di Catanzaro.
Dal 1995 in poi fui segretario e tesoriere della Camera Penale della Provincia di Catanzaro.
Vice Segretario Nazionale Giustizia del PPI con l’On. Giuseppe Gargani, su indicazione del compianto Mino Martinazzoli.
Nell’anno 1999 mi fu proposta dal Presidente Berlusconi e dall’On. Frattini la candidatura a Presidente della mia Regione. Rifiutata la candidatura, proposi a Berlusconi la candidatura di Chiaravalloti e partecipai attivamente alla sua campagna elettorale.
Nel 2000 divenni Presidente del cda di Sacal s.p.a. (società di gestione dell’aeroporto di Lamezia Terme) anche con funzioni di Direttore Generale
Partecipai alle elezioni politiche nel 2001 venendo eletto alla carica di Deputato nelle file di Forza Italia nel collegio più rosso d’Italia conquistato per più legislature dal PDS. Nel 2006 fui eletto al senato e nel 2008 nuovamente alla Camera.
Con riferimento alle ultime due competizioni elettorali devo segnalare che non fu necessario per me il profondermi in un’attività di raccolta del consenso poiché occupavo i primi posti dei listini di Camera e Senato quale Segretario Regionale di FI.
In ambito parlamentare fui membro della Commissione Giustizia di Camera e Senato, della Commissione disciplinare della Camera e delle bicamerali sul ciclo dei rifiuti e sul delitto di Ilaria Alpi.
Ho servito il mio Paese con spirito di servizio occupandomi, da membro della Commissione Giustizia di Camera e Senato, di modifiche ai codici penale e di procedura penale.
Nell’anno 2007, a seguito di contrapposizioni molto forti con l’allora PM Luigi De Magistris, fui raggiunto da un’informazione di garanzia per la violazione della legge Anselmi ed altro. Il procedimento finì con l’archiviazione per mancanza della notizia di reato. Nel frattempo il De Magistris, cui erano stata inizialmente revocata soltanto la coassegnazione del processo cd “Poseidone”, trasferì la mia posizione nel processo “Why Not”. La Procura Generale di Catanzaro, avocò l’indagine “Why Not” a seguito dell’iscrizione, non comunicata da De Magistris ad alcuno, dell’On.Prodi e di altri parlamentari tra i quali Mastella (allora Ministro della Giustizia che aveva appena richiesto l’apertura di un procedimento disciplinare a carico dello stesso PM). De Magistris mi denunciò assieme a tutti i vertici della Procura Generale, per il delitto di corruzione in atti giudiziari. Dopo 11 anni il Tribunale di Salerno sentenziò il mendacio del PM e sancì l’insussistenza dei fatti. Tale sentenza, ribaltata in sede di appello con la derubricazione in abuso d’atti d’ufficio e con correlativa declaratoria di prescrizione, venne confermata definitivamente dalla Cassazione.
La vicenda giudiziaria “Rinascita Scott”
Nella notte del 19 dicembre 2019 la mia abitazione di Catanzaro veniva invasa dai Carabinieri del Ros di Roma che mi notificavano un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Catanzaro (Barbara Saccà) su richiesta della locale procura diretta da Gratteri.
Leggevo rapidamente la rubrica a mio carico: associazione mafiosa e rivelazione di segreti d’ufficio.
Alle 5 del mattino, dopo aver lasciato nella disperazione mia moglie e mia figlia, venivo condotto nel mio studio per la perquisizione e per gli ulteriori accertamenti.
Nel corso della perquisizione mi venivano consegnate la richiesta del PM e l’ordinanza del gip: oltre 15.000 pagine divise in decine di tomi che lasciavo ai miei difensori tempestivamente intervenuti.
Alle 17,30 venivo condotto negli uffici del Comando provinciale dei carabinieri di Catanzaro per l’espletamento delle attività propedeutiche alla restrizione carceraria.
Nel corso della perquisizione veniva rinvenuto un mio manoscritto riportante i riferimenti a vicende personali che avevo appuntato mesi prima sul presupposto di un eventuale interrogatorio del PM.
Il mio timore era determinato dal fatto che il giornalista Paolo Pollichieni, direttore del quotidiano online Corriere della Calabria, mi aveva riferito che Gratteri si era espresso in maniera molto negativa nei miei confronti affermando che ero un massone e “amico dei Mancuso”. Prima di morire per un male incurabile il 7 maggio 2019, lo stesso giornalista mi aveva riferito che sarei stato arrestato da Gratteri.
Appreso ciò da Pollichieni, nel giugno del 2019 io scrivevo una lettera a mia moglie e mia figlia. Questa lettera, in cui esprimo tutto il dolore e lo sconforto per le notizie ricevute, è nel mio computer ed una copia è stata acquisita dalla Procura.
Contemporaneamente, sempre nel giugno del 2019, scrivevo, su mia carta intestata, un appunto per tenere a mente tutti gli argomenti che potevano, in ipotesi, costituire oggetto di una qualche contestazione. Ciò sebbene si trattava di accadimenti riguardanti l’attività professionale.
Dal ritrovamento di tale appunto, la Procura ed il giudice ricaveranno la prova della mia pericolosità sociale determinata dal fatto che conoscessi in anticipo alcuni dei temi successivamente oggetto di addebito.
In realtà, l’appunto, definito dal giornalista Iacona “il pizzino ritrovato nello studio di Pittelli”, non conteneva alcun riferimento al fatto più importante oggetto di contestazione: ossia i verbali di Mantella che, a dire del PM, io avrei osteso, clandestinamente ottenutili, ai miei clienti.
Nell’appunto vi è solo una piccola parte dei richiami a fatti oggetto delle successive contestazioni.
Era accaduto, infatti, che alla fine del 2018 un amico giornalista mi aveva informato dell’esistenza di attività investigativa nei miei confronti da parte della procura catanzarese. Sulla scorta di tale rivelazione del tutto generica avevo, dunque, scritto un appunto annotandovi i possibili argomenti costituenti, in ipotesi, temi dell’investigazione.
Tale appunto, sequestrato in uno con il mio testamento, costituisce, ancora oggi, la ragione fondamentale della mia restrizione in ragione della capacità di inserirmi nei contesti istituzionali al fine di carpire notizie riservate. Ciò nonostante il manoscritto contenga, ripeto, anche l’indicazione di fatti completamente avulsi dall’oggetto dell’inchiesta.
Dopo lunghe ore di attesa, alle 22 venivo tradotto al carcere di Catanzaro ed affidato alle “particolari cure” del reparto speciale della Polizia penitenziaria.
La cella di isolamento era dotata di un letto di ferro con materasso di gommapiuma e null’altro. Mi venivano sottratte persino le sigarette. Durante la notte insonne venivo sorvegliato a vista per l’eventualità di atti suicidari.
La mattina del 20 dicembre incontravo per pochi istanti i miei avvocati che avevano letto alcuni stralci dell’ordinanza cautelare. Costoro mi dicevano che era impossibile leggere l’ordinanza e la richiesta in tempi brevi. Mi consigliavano, pertanto, di avvalermi della facoltà di non rispondere nel corso dell’interrogatorio di garanzia poiché impossibilitato a conoscere, nella sostanza, le ragioni di un’accusa talmente grave.
Il medico del carcere, dopo avermi visitato mi prescriveva, consegnandomi il tutto, l’assunzione di antidepressivi e tranquillanti.
Tutta la giornata del 20 la trascorrevo in cella di isolamento in una situazione di sopore frammisto a disperazione e sconforto.
Il 22 dicembre venivo tradotto in ceppi presso il Tribunale di Catanzaro per l’interrogatorio di garanzia nel corso del quale mi avvalevo della facoltà di non rispondere, atteso il fatto che nulla sapevo dei momenti asseritamente indizianti dai quali venivo raggiunto.
Alle 15 di quello stesso giorno venivo condotto all’aeroporto di Lamezia Terme e, da li, con un volo di Stato, venivo trasferito al carcere di Nuoro assieme ad altri soggetti colpiti dalla medesima ordinanza custodiale.
Prima della partenza chiedevo di poter avvertire la mia famiglia del trasferimento. Mi veniva risposto che non potevo avvertire nessuno.
La medesima risposta mi veniva fornita anche a Nuoro: poiché si era in periodo natalizio, non potevo telefonare ad alcuno, né spedire lettere e né disporre di una bottiglia di acqua.
Soltanto il 28 dicembre potevo spedire un telegramma alla mia famiglia ed ai miei avvocati.
Anche a Nuoro una cella di isolamento lurida, senza una coperta, senza nulla da mangiare o da bere, con un bagno senza porta.
L’isolamento durerà per tutti i dieci mesi di detenzione carceraria.
Il 29 dicembre ricevevo la visita dei miei avvocati i quali, da una lettura ancora sommaria del voluminoso incartamento consegnato loro, affermavano che l’ordinanza di cattura era sostenuta da una serie di libere interpretazioni del materiale intercettivo acquisito dai PM a far data dal 2016. In sostanza, gli avvocati Staiano e Contestabile mi riferivano dell’assurdità del mio arresto e della pochezza degli elementi “indiziari” posti a mio carico.
L’ipotesi circa mia organicità alla cosca Mancuso era stata correlata ad una serie di dati del tutto inconsistenti quali:
1 L’avere intrattenuto rapporti travalicanti il fatto professionale con il boss della ‘ndrangheta Luigi Mancuso;
2 L’avere raccomandato la figlia di costui per un esame universitario (raccomandazione mai avvenuta);
3 L’essermi speso con alcuni medici catanzaresi in favore di un bimbo di pochi mesi affetto da probabile leucemia, nipote di un affiliato alla cosca;
4 L’aver segnalato al boss Mancuso il nominativo di uno specialista in cardiologia per un’accurata visita;
5 L’avere indicato ad alcuni affiliati alla consorteria criminale un’enoteca dove poter reperire una particolare marca di spumante;
6 L’avere chiesto a Luigi Mancuso notizie circa l’interesse di qualcuno all’acquisto del villaggio Valtur di Nicotera Marina. E ciò prima di assumere l’incarico alla vendita conferitomi dalla società Prelios;
7 L’avere procurato in favore del Mancuso i verbali integrali segreti delle dichiarazioni rese dal pentito Andrea Mantella e non ancora depositati;
8 L’essermi rivolto allo stesso Mancuso al fine di non onorare un preteso credito vantato da un professionista vibonese;
9 L’essermi occupato del trasferimento di un affiliato alle Poste (mai avvenuta)
10 L’essere parte di un’associazione massonica segreta (mai accaduto, e poi con chi?)
11 L’essermi prodigato in favore di due clienti (totalmente estranei alla cosca) richiedendo notizie su due denunce al Colonnello dei Carabinieri Giorgio Naselli.
Il 9 gennaio 2020, giorno della discussione del riesame proposto avverso l’ordinanza cautelare, venivo tradotto all’alba dal carcere di Nuoro a quello di Sassari ove venivo rinchiuso in una cella in attesa. Il mio caso veniva esaminata alle ore 21, dopo 13 ore dall’inizio dell’udienza!
Chiedevo, in sede di udienza, di poter rilasciare dichiarazioni spontanee: avviavo le mie dichiarazioni spontanee e ad un certo punto venivo interrotto dal Presidente il quale poneva alle mie dichiarazioni il termine di ulteriori soli dieci minuti. L’esiguità del tempo assegnatomi non mi consentiva di andare oltre la protesta di innocenza.
Il collegio, nel confermare la gravità indiziaria in relazione ai due episodi di rivelazione di segreti d’ufficio (contestati in rubrica come delitti aggravati dalla finalità mafiosa, altrimenti non cautelabili) riqualificava l’appartenenza organica alla cosca Mancuso quale concorso esterno in associazione mafiosa con grado verticistico.
Il Tribunale della libertà sfoltiva le contestazioni giudicando irrilevanti le mie condotte e limitandosi ad attribuire valenza indiziaria alla vicenda dei verbali segreti contenenti le dichiarazioni del pentito Mantella Andrea da me illecitamente ottenuti e divulgati all’interessato Mancuso Luigi e la vicenda relativa alla vendita del villaggio Valtur. In tema di esigenze cautelari il collegio operava il riferimento alla presunzione di legge dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale nel 2015!!
Fin dalla mattina del 19 dicembre il Procuratore Gratteri, nel corso della solita conferenza stampa, ad una specifica domanda rispondeva con toni trionfalistici che “Pittelli era l’anello di congiunzione tra il mondo di sopra ed il mondo di sotto, il raccordo tra la mafia e la società civile, tra la mafia e la massoneria.”
Nei giorni a seguire veniva avviata dai media nazionali e locali una campagna denigratoria di inusitata virulenza che proseguirà nei mesi successivi fino all’esito del ricorso per Cassazione.
La Corte di Cassazione esaminava il ricorso proposto dai miei difensori il 25 giugno emettendo una sentenza che ridimensionava sensibilmente il quadro indiziario di riferimento: annullava senza rinvio l’ordinanza cautelare quanto alle rivelazioni di segreto d’ufficio attesa l’insussistenza dell’aggravante mafiosa e circoscriveva il quadro probatorio ad un unico episodio costituito dall’ostensione alla cosca di Mancuso Luigi dei verbali secretati delle dichiarazioni di Mantella.
L’accusa, dunque, usciva dalla Cassazione fortemente ridimensionata: affermava la Corte, infatti, l’inconferenza delle condotte contestatemi ai fini della configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa ad eccezione di quella consistente nella divulgazione dei verbali del pentito.
Fin dal marzo 2020 i miei difensori avevano chiesto, dopo aver studiato tutto il fascicolo processuale, che io fossi interrogato non avendo potuto, nell’immediatezza, conoscere funditus il contenuto preciso delle accuse mossemi.
Ebbene, il Gip dell’ordinanza cautelare, che aveva compiuto un’aggressione selvaggia nei miei confronti utilizzando aggettivazioni livorose del tipo “Giano bifronte, Parca della nuova era”, respingeva la richiesta di interrogatorio con motivazione pretestuosa.
Dal 19 dicembre 2019 nessuno mai ha inteso ascoltare le mie ragioni, le mie spiegazioni, le mie motivate e documentate proteste di innocenza.
Soltanto all’atto della chiusura delle indagini, avendo io stesso sollecitato l’interrogatorio previsto per legge, il Pm di Catanzaro delegava il suo omologo di Nuoro per l’espletamento dell’atto istruttorio.
Lo stesso PM intervenuto in carcere a Nuoro mi diceva quanto fosse inutile procedere alla mia assunzione atteso il fatto che egli stesso non sapeva cosa contestarmi.
L’ordinanza cautelare
Il Tribunale del riesame
Il Gip della cattura, a parte l’aggressione condotta nei miei confronti attraverso aggettivazioni degne di miglior causa, non soltanto aveva accolto totalmente il divisamento della Procura (che aveva ritenuto un’ipotesi di concorso esterno) ma ne aveva aggravato la portata (ritenendomi intraneo alla cosca con posizione verticistica) ed aveva contrabbandato fatti di evidente irrilevanza quali sufficienti indizi sintomatici della mia partecipazione all’associazione.
E’ sufficiente ricordare come il giudice abbia avuto l’impudenza di affermare che l’uso del VOI nelle interlocuzioni tra me ed il boss Mancuso fosse rivelatore di rapporti talmente intimi da ricavarne la comunione di interessi criminali!
Come se non fosse fatto notorio che nel meridione d’Italia è d’uso corrente il VOI anziché il LEI.
Da notare che io difendevo il Mancuso Luigi, a far data dal 1981, in decine di gravissimi processi penali e che, dunque, intrattenevo con lui un rapporto di consuetudine.
Ma vi è di più.
Il Gip stesso esaminando il resoconto di una captazione ambientale tra due soggetti monitorati, ne trasforma il senso di essa tagliandone una parte che era pur presente nella richiesta del PM.
Ebbene uno dei due interlocutori chiedeva all’altro notizie sul mio conto:” Pittelli difende quelli di la sotto, ma è mafioso?” la risposta: “No, è avvocato”.
Ebbene la risposta, nel corpo motivazionale della ordinanza, viene tagliata con la conseguenza gravissima che la domanda appare come un’affermazione altamente indiziante.
Ancora, lo stesso giudice, così come farà il Tribunale del riesame, opera il riferimento (a proposito dei miei aspetti personologici) al processo di Salerno per i fatti denunciati da De Magistris; e ciò pur essendo notorio che per quei fatti, io sono stato assolto per insussistenza del fatto.
Scrive ancora il Gip che, il fatto che la moglie del boss Mancuso mi aveva chiesto al telefono informazioni sullo stato di salute della mia famiglia, rappresentava la chiusura del cerchio poiché dimostrativo di intimità tra me e la famiglia Mancuso. Come se dopo 40 anni di rapporti professionali
fosse deprecabile ovvero inusuale la reciproca conoscenza delle composizioni familiari.
Ho già esposto l’esito del ricorso per Cassazione: l’unico elemento indiziario valorizzato dal Supremo Collegio ai fini della configurabilità del mio concorso esterno all’associazione denominata Mancuso, è costituito dall’ostensione dei verbali integrali (ancora segreti) del collaboratore di giustizia Mantella Andrea. Devo segnalare che a riscontro del fatto costituito dalla divulgazione di tali verbali, i giudici catanzaresi adducono due circostanze quali emergono dall’esame dei contenuti intercettivi: io, interloquendo con tale Giamborino, uomo di fiducia di Luigi Mancuso, ho fatto riferimento ad una lettera spedita dal pentito alla madre ed al fatto che costui (Mantella) avrebbe accusato il fratello.
Entrambi i presunti riscontri trovano puntuale giustificazione: della lettera alla madre tutti avevano appreso, almeno un mese prima della mia conversazione con Giamborino, (la notizia era sui giornali già dal giugno 2016 e le mie interlocuzioni sono del settembre e ottobre 2016). Da successivo articolo giornalistico avevo appreso della presa di distanze della famiglia dal pentito. Ne avevo dedotto che il Mantella non avrebbe risparmiato le accuse nei confronti dei suoi familiari.
Vi è da aggiungere che finora in nessuno dei verbali depositati dai PM risulta che il collaboratore abbia accusato il fratello. Dunque, avrei fatto riferimento ad un’intuizione e non già ad una notizia appresa attraverso canali illeciti!.
Ulteriore riscontro risiederebbe nel fatto che nel corpo di un’interlocuzione censurata a proposito dei verbali di Mantella io avevo affermato di non essere “ANCORA” in possesso di tali atti. Da qui la deduzione circa la mia attivazione nella ricerca di documenti che urgevano ai probabili coinvolti.
L’intera intercettazione è stata sottoposta ad ascolto da parte del consulente della mia difesa: ebbene risulta inoppugnabilmente che l’avverbio ANCORA non esiste perché mai pronunciato! Si tratta, dunque, di una negligenza (non voglio pensare ad una dolosa manipolazione), da parte di colui il quale ne ha trascritto il contenuto.
In circa due anni di gestazione il gip avrebbe però avuto il dovere di ascoltare direttamente le intercettazioni, invece di affidarsi alle semplici trascrizioni.
Tali elementi, rinvenibili nell’ordinanza genetica ed in quella resa dal Tribunale del riesame, sono stati presi in considerazione dalla Cassazione che, come è ben noto, non è giudice del fatto ma giudice del provvedimento impugnato.
Ma vi è molto ancora negli atti processuali laddove la mia difesa ha rinvenuto (successivamente alla pronuncia della Cassazione) intercettazioni mediante Trojan inoculato nel mio smartphone ed in quello di tale Giamborino.
Esiste la prova, contenuta in una captazione, dal tenore lessicale inequivoco, del fatto che io non ho mai né promesso né consegnato verbali secretati a chicchessia.
Rispetto a tale captazione è necessaria una brevissima premessa.
Avevo difeso Luigi Mancuso, a far data dal 1981, in decine di processi. Dal 2007 il rapporto fiduciario fu interrotto per una serie di equivoci concernenti la fase esecutiva di una condanna riportata dal Mancuso.
Nei primi mesi del 2016 si erano presentati due individui, Giamborino e Gallone, notoriamente soggetti molto vicini al boss Mancuso.
Costoro, con il fare tipico dell’agire mafioso, mi informavano del fatto che si era rivolto a loro ed al Mancuso, un professionista vibonese il quale asseriva di vantare un credito nei miei confronti.
Un professionista di Vibo si rivolge alla mafia per reclamare un credito nei miei confronti.
A distanza di una settimana dal tentativo di estorsione subito, venivo invitato ad incontrare il Mancuso che si era reso irreperibile rispetto ad un provvedimento di prevenzione. Voleva che io lo difendessi nuovamente. Il tramite tra me ed il Mancuso era lo stesso Giamborino che aveva tentato di estorcermi del denaro. Costui era solito accompagnarmi nei vari luoghi ove il Mancuso si recava.
Risulta dagli atti che io esprimevo sempre il timore di essere seguito dalle forze dell’ordine causando, perciò, la cattura del Mancuso.
Al Mancuso, al quale il professionista vibonese si era rivolto perché lo aiutasse a recuperare un asserito credito, io riferivo che, nei limiti di quanto effettivamente dovuto lo avrei corrisposto. Ma solo a seguito del calcolo tra cifra richiesta e cifra effettivamente dovuta per piccoli lavori effettuati in mio favore su di un mio immobile.
Del tentativo di estorsione nei miei confronti vi è ampia traccia nei provvedimenti del Gip e del Tribunale del riesame. Ma il professionista vibonese non è mai stato iscritto per tale fatto né convocato quale teste nel processo in corso. Qualcuno ha inteso salvarlo, per il momento.
Andavo frequentemente dal Mancuso definendo (esistono captazioni in tal senso) la sua irreperibilità una vera follia per un soggetto che aveva subito 22 anni di reclusione. Di ciò vi è ampia traccia nei contenuti captativi.
Ciò che è molto grave è la pretermissione, da parte del Gip e del Tribunale, di una captazione ambientale nel corso della quale, conversando con il Giamborino a proposito della situazione del Mancuso, io dicevo testualmente: ritengo una follia la sua irreperibilità consigliata da altri legali, ma affermavo (e ciò è dirimente) che “non posso dirgli niente, non posso dargli alcun consiglio perché non so e non posso sapere che cosa abbia detto Mantella”.
La captazione è di fine 2016.
Scriverà il Tribunale del riesame che pur non essendo entrato in possesso dei verbali, li avrei comunque letti prendendo appunti sul loro contenuto.
Ebbene, sono stato sottoposto a censure intercettive per due anni ed ho interloquito con il Mancuso decine di volte anche per telefono: i colloqui sono tutti coperti ex art. 103 poiché trattasi di colloqui concernenti la difesa tecnica.
E allora, è mai possibile che per una questione così delicata concernente i verbali di accusa di un pentito io non avessi mai parlato con il diretto interessato??
Giova ricordare che il Presidente del Tribunale di Catanzaro aveva fatto affiggere un cartello nell’atrio del Palazzo di giustizia: si affermava che il Gip Dr.ssa Saccà, era stata esentata dalle udienze in ragione dell’impegno di scrivere un’ordinanza cautelare a carico di oltre 300 persone.
Nell’ambiente giudiziario, a far data dal 2017, il solito chiacchiericcio dei corridoi faceva riferimento ad un maxiprovvedimento riguardante il territorio vibonese.
Venivo chiamato da decine di personaggi vibonesi ai quali dicevo che, secondo la notizia diffusa dal Presidente del Tribunale di Catanzaro, sarebbero state arrestate 300 persone.
Ovviamente ciò riferivo ai clienti in apprensione poiché un’inchiesta della DDA di tale portata avrebbe sicuramente colpito i delinquenti.
Inutile dire che la mia vita e quella della mia famiglia sono irreparabilmente distrutte. Mia figlia, laureanda in Giurisprudenza alla Luiss ha subito un colpo mortale in una città di provincia come Catanzaro in cui tutti, dico tutti, mi hanno da sempre riconosciuto doti di generosità e disponibilità.
La mia vita di avvocato è finita anzitempo, sono stato abbattuto come uomo e come professionista dall’ansia inquisitoria della funzione giurisdizionale. In maniera brutale, con la mortificazione dei ceppi, con un isolamento durata dieci mesi del quale conservo gli esiti (esiti di parkinsonismo legati al trattamento con psicofarmaci somministratimi in carcere).
Avevo la stima della gente di Calabria, conquistata il 45 anni di lavoro di impegno in centinaia di processi per innumerevoli clienti, anche importanti come ENI, Unicredit, TIM! Tutto svanito nel nulla ad opera di una inchiesta nella quale le mie responsabilità rimangono tutte da provare e di un clamore mediatico che invece ha già decretato la mia mostrificazione (vedi, da ultimo, trasmissione RAI di Iacona del 15 marzo).
Giancarlo Pittelli